Tra stoicismo e nichilismo: la filosofia di Peaky Blinders

Se i classici della letteratura sono ben consolidati nella nostra cultura, lo stesso non si può dire per le arti più recenti, ad esempio film e serie televisive. Per questo è interessante interrogarsi su quali possano essere le opere, tra quelle uscite da poco tempo, destinate a rimanere nella storia e diventare dei classici. Premettendo che solo il tempo potrà rivelarlo, vale la pena provare ad analizzare qualche opera contemporanea che si sta distinguendo per via della sua profondità e complessità. Come primo esempio, si può parlare della serie tv Peaky Blinders, creata da Steven Knight per la BBC.

La serie tratta le vicende dei Peaky Blinders, una banda criminale operante a Birmingham nel primo dopoguerra (realmente esistita). La banda è costituita dai membri della famiglia Shelby ed è capeggiata da Thomas, il protagonista reduce della Prima guerra mondiale. Thomas è stato profondamente segnato dall’esperienza sul fronte, tanto da avere sviluppato una forma di disturbo da stress post-traumatico (PTSD), tale per cui risulta tormentato dalle immagini della guerra e sembra avere perso ogni forma di vitalità.

La sua personalità apatica e imperturbabile, però, lo aiuta a non avere paura di niente; il suo è un atteggiamento stoico. Lo stoicismo, infatti, è quella corrente filosofica, sviluppatasi in epoca ellenistica, che indicava all’uomo di vivere seguendo unicamente la ragione e mettendo da parte i sentimenti (apatia), così da raggiungere uno stato di pace interiore dovuto alla liberazione dalle passioni (atarassia). La cosa più importante per gli stoici era assecondare quello che non potevano controllare, così da vivere serenamente.

L’intellettuale stoico, inoltre, puntava a vivere nel presente (carpe diem), non preoccupandosi né del passato, né del futuro e avendo ben in mente la sua condizione di finitezza (memento mori). Allo stesso modo, per Thomas l’unica cosa che conta è “l’istante del soldato”, concetto con cui si intende la condizione dei soldati che, durante ogni attacco, possono pensare solo all’attimo corrente, in cui devono fare di tutto per sopravvivere. Il fatto che Thomas abbia interiorizzato questa attitudine dimostra il suo trauma postbellico.

Ma il protagonista si comporta così anche per un altro motivo. Dopo aver rischiato la morte in guerra (in un’occasione è stato salvato grazie al sacrificio di un compagno), Thomas non attribuisce più valore alla vita e vive come se fosse già morto, come se la sua vita dopo la guerra fosse un extra (il finale della seconda stagione aiuta a comprendere questo punto). Quindi è anche per questo che non ha paura della morte e reagisce in modo impassibile a qualunque cosa: nulla può scalfirlo dopo la guerra.

Tale atteggiamento rende Thomas nichilista. Il nichilismo è infatti la concezione filosofica secondo la quale non esistono valori nella vita, che è concepita nella sua nullità e vanità. Il nichilista può essere passivo, se vive senza scopo, o attivo, se si crea da sé dei valori per cui vivere (trasvalutazione dei valori). Si potrebbe dire che Thomas sia più attivo che passivo poiché perlomeno attribuisce grande importanza alla sua famiglia, nonché alla sua attività.

Di base, però, rigetta tutti i valori tradizionali. Questo risulta chiaro quando afferma che “le religioni sono una risposta stupida a una domanda stupida”, il che significa che, oltre a rifiutare la fede come possibile risposta ai quesiti esistenziali, egli trova stupido anche l’interrogarsi su un senso della vita. Spesso Thomas si pone addirittura sullo stesso piano di una divinità, come quando dice “C’è Dio e ci sono i Peaky Blinders” oppure “Non sono Dio… non ancora”. Affermazioni che fanno pensare che Thomas punti a diventare il Superuomo nietzschiano, condizione nella quale viene superata la perdita dei valori tradizionali tramite l’imposizione della propria morale (volontà di potenza).

Ovviamente, però, l’assenza di valori porta conseguenze negative. Thomas è così attaccato alla sua attività, che gestisce in modo frenetico, perché ha bisogno di tenersi occupato. Non riuscendo a trovare un senso alla vita, Thomas necessita di una costante distrazione in modo da non restare neanche un attimo solo con se stesso, altrimenti sarebbe tormentato dai suoi demoni (lo si capisce bene dall’epilogo della quarta stagione). Questa situazione è quella alla base della filosofia di Pascal, per il quale l’uomo è infelice perché non fa altro che “divertirsi”, nel senso di distrarsi, con le sue faccende quotidiane, in modo da non pensare alla sua miseria dovuta alla mancanza di risposte esistenziali (condizione definita come divertissement).

Per concludere è bene chiarire che questa analisi, concentrata sugli aspetti filosofici inerenti al protagonista della serie, costituisce solo la punta dell’iceberg di tutto quello che lo show è in grado di comunicare. L’intento era quello di portare alla luce la complessità che anche prodotti quali le serie tv possono avere. Il bello di queste opere è che non hanno ancora le stesse analisi critiche che hanno i classici che si studiano a scuola, motivo per cui siamo liberi di realizzarle.

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