la poesia incontra il cinema

Dead man: un film fuori dal coro

Nel cinema, anche quello d’autore, esistono dei canoni da rispettare, soprattutto quando si parla del genere di questo film, il western infatti da tanti anni a questa parte segue alla lettera gli stilemi di Sergio Leone. In questa pellicola però Jim Jarmusch osa, e non poco, stravolgendo completamente la grammatica delle storie nel vecchio west, infatti il film, girato completamente in bianco e nero, con prevalenza di neri, riesce a costruire una tensione di fondo che accompagna lo spettatore lungo tutta la visione e che tuttavia viene ciclicamente smontata ed a tratti ridicolizzata nei momenti più concitati. Inoltre, la colonna sonora è la graffiante chitarra di Neil Young.

Ma cosa racconta davvero Dead man?

Attraverso questa cornice fintamente western Jim racconta il viaggio onirico dantesco di William, colui che incarna appunto Dante e di “Nessuno”, un nativo americano allontanato dalla sua tribù nei panni di Virgilio, la guida di dante attraverso l’inferno situato in una foresta poco distante da Machine, ma che, detto senza eccesivi spoiler, ricoprirà anche la figura di caronte, ovvero colui che traghetterà l’anima di William verso il compimento del suo viaggio. Oltre alla forte metafora con la divina commedia l’importanza della poesia in questo film è espressa tramite diverse citazioni di versi tratti dai componimenti di William Blake, quello reale.

Dead man, inoltre, usa lo stereotipo del 1800 americano per denunciare la società attuale, diversamente dal solito il nativo americano è appunto la figura colta, come si può dedurre quando riconosce in William l’anima dell’omonimo poeta. Nessuno però, nonostante la sua cultura di stampo inglese, viene costantemente allontanato dalla società sviluppata e il simbolo di questo razzismo è il tabacco, un bene di lusso al quale il membro della minoranza non può accedere. Questo film stravolge i ruoli classici western, inquadrando l’uomo bianco come un ridicolo barbaro che ricorre solo alla violenza; lo stesso Blake, infatti, da mite contabile squattrinato diviene nel giro di pochi giorni un ricercato che si fa strada nel suo viaggio solo con l’ausilio della violenza, seppur sempre abbastanza goffamente.

Questo film incarna in sé sia l’amore per le arti, citando la commedia di Dante, le poesie di Blake, i chiaro scuro tipici della regia di Orson Welles e la musica rock, sia la forte volontà del regista di mettere alla berlina le ipocrisie e le criticità di una ideologia machista, che troppo spesso si rivede nell’eroe dalla pistola facile, il tutto però condensato in una storia commovente e fortemente evocativa.

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