4 maggio 1949, solo il fato li vinse

Come ogni anno, il 4 maggio in Italia e nel mondo sportivo si ricorda la tragedia di Superga, avvenuta nella medesima data del 1949, dove persero la vita 31 persone. Questa pagina nera dello sport vede protagonista la squadra di calcio del Torino, che insieme ai 4 piloti e ai 3 giornalisti a bordo, morì in un incidente aereo schiantandosi contro la facciata posteriore della Cappella di Superga,  colle alle porte della città di Torino.

Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Questi sono i cognomi dei campioni titolari della squadra soprannominata “Grande Torino”, allenati da Mister Lesley Lievesley. Il soprannome di questa squadra infatti non è casuale, il Grande Torino al suo tempo fu la squadra più forte d’Europa e che spadroneggiò in tutte le competizioni a cui prese parte, la squadra granata vinse 5 campionati italiani di fila, 1 Coppa Italia, competizione al tempo sospesa proprio dopo la vittoria del “Toro” a causa del secondo conflitto mondiale, e stabilì record ancora validi oggi, come quello della vittoria con maggior scarto di gol, maturata nella sfida del 1947 tra Torino e Alessandria,  finita 10-0 a favore dei padroni di casa, o quello di aver avuto ben 10 giocatori su 11 appartenenti alla propria squadra come titolari dal  primo minuto in una partita ufficiale della Nazionale Italiana. Il nome Grande Torino gli fu attribuito anche per il prestigio europeo che quella macchina micidiale aveva, i granata infatti erano temuti e conosciuti in tutta Europa, ricevevano inviti per amichevoli da ogni parte del vecchio continente, ed erano il punto di riferimento internazionale nel mondo del  pallone insieme al Benfica, squadra portoghese della capitale Lisbona. Il Torino degli anni ’40 può vantarsi di aver avuto grandi giocatori di classe e talento unico nelle proprie fila, su tutti il capitano Valentino Mazzola, attaccante e goleador ai tempi considerato come il giocatore più forte al mondo e ancora oggi da alcuni considerato uno se non il giocatore italiano più forte della storia. Valentino fu un calciatore tanto conosciuto e ammirato, specialmente in Sudamerica, dove tanti giocatori si facevano soprannominare proprio con il suo cognome con la volontà di emularne le gesta e il carisma, uno tra tanti il brasiliano José Altafini, attaccante della prima Nazionale Brasiliana a vincere un Campionato del Mondo e compagno di reparto del leggendario Pelé.

La tragica vicenda accadde in seguito ad un’amichevole organizzata dal capitano Valentino Mazzola, che dopo una partita amichevole tra Italia e Portogallo promise al capitano dei lusitani, Francisco Ferreira, che per onorare il suo ritiro dal calcio giocato e per aiutarlo a livello economico  avrebbero disputato un’altra partita da avversari, ma questa volta con i loro club d’appartenenza, ovvero il Torino e il Benfica, preannunciando così una super sfida tra due squadre  dal prestigio altissimo. Al sentire di ciò l’allora presidente del club piemontese Ferruccio Novo non fu d’accordo con la trasferta in Portogallo, poiché il Torino pochi giorni dopo avrebbe dovuto disputare una partita di campionato fondamentale contro l’Inter per aggiudicarsi quasi matematicamente il quinto scudetto di fila. Dopo il match contro i nerazzurri però, visto il risultato maturato, ovvero un pareggio che aveva proiettato il Toro verso la vittoria finale, il numero uno della società granata acconsentì e li lasciò partire. Partirono 21 giocatori, l’allenatore e i suoi 2 collaboratori, 3 dirigenti tra i quali non era presente il presidente e 3 giornalisti, che insieme ai 4 uomini dell’equipaggio volarono nella penisola Iberica sull’aereo Fiat G 212. A Veiras, fuori da Lisbona, si disputò la partita tra queste due leggendarie squadre, che finì 4-3 in favore della rosa di capitan Ferreira, una sconfitta quella del Grande Torino, maturata in seguito alla stancante partita disputata a Milano contro l’Inter che ancora pesava sulle gambe degli atleti della squadra  italiana. Nonostante ciò, come riportato dalla stampa di entrambe le nazioni, quello tra granata e biancorossi è stato un incontro avvincente e di buona qualità.

La mattina seguente alla partita il Torino si preparò a ripartire in giornata per l’Italia, volenteroso di tornare il più presto possibile in patria per preparare al meglio la sfida successiva di campionato contro il Genoa. Dall’Italia era giunta voce di un tempo atmosferico avverso, infatti sullo stivale pioveva a catini, i fiumi erano ingrossati e straripavano, e su Torino erano presenti forti perturbazioni che avrebbero reso l’atterraggio complicato. Alle ore 17:03 l’aereo con il Grande Torino a bordo, eseguita la virata verso sinistra in direzione della pista Aeritalia dell’aeroporto piemontese, messosi in volo orizzontale e allineato per prepararsi all’atterraggio, si va invece a schiantare contro il terrapieno posteriore della basilica di Superga. Il pilota, che credeva di avere la collina di Superga alla sua destra, se la vede invece sbucare davanti all’improvviso. L’errore dell’esperto pilota, il capitano Pierluigi Meroni, reduce di guerra e bombardiere italiano durante il secondo conflitto mondiale, fu causato da un malfunzionamento delle apparecchiature di volo, che segnalavano all’equipaggio un’altezza di 2000 metri, quando invece il velivolo si trovava solo a  200 metri da terra e che dunque non stava  sorvolandola collina, ma la stava per colpire in pieno. L’impatto fu fatale a tutti i passeggeri, nessuno fu risparmiato, il colpo con la facciata posteriore della Cappella di Superga fu impercettibile per i passeggeri, che morirono sul colpo. Poco dopo tempo, le autorità e gli abitanti del colle si recarono sul luogo del misfatto e capirono cosa era accaduto nel momento in cui ritrovarono tra i bagagli sparsi in giro delle maglie di color granata con lo scudetto cucito sul petto. La vicenda sconvolse tutta Italia, tanto che i quotidiani fecero uscire un’edizione straordinaria la stessa sera per raccontare l’accaduto. In un attimo la squadra più forte d’Europa scomparì e non tornò più indietro. Ai funerali delle vittime parteciparono circa 500.000 persone, che si riversarono in massa sulle strade di Torino, lo scudetto dell’annata 1948/1949 fu assegnato alla squadra granata quel giorno, con il presidente della Lega Calcio Italiano che premiò uno ad uno tutti i giocatori della formazione granata, che pochi giorni dopo vinse anche sul campo il titolo contro il Genoa schierando la squadra giovanile e vincendo per 3-0 contro la formazione genovese che, in segno di rispetto, schierò a sua volta la formazione giovanile.

In un battito di ciglia dunque questa leggendaria squadra venne a mancare per sempre e non poté più giocare il bel calcio che fino a quel momento aveva mostrato e che aveva unito tantissimi amanti dello sport, guadagnandosi il rispetto anche degli avversari e l’amore di tutti gli amanti del gioco del pallone. Anche se la loro storia si è tragicamente conclusa in quel 4 maggio di 74 anni fa, il Grande Torino ha continuato e continua ad essere ricordato come una delle squadre più forti di sempre che abbiano mai solcato un campo da calcio, e con la loro morte hanno perso la partita più importante di tutte, quella con la vita. Questa “partita” persa però li ha elevati ad una dimensione anche leggendaria, facendoli ricordare come degli invincibili sul campo e facendoli diventare un mito per tutti gli sportivi della storia, rendendoli degli immortali che sono stati solamente vinti da un avversario superiore a tutti e tutto,  il fato, e anche questo  li ha resi quello che sono, ovvero il leggendario Grande Torino.

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